PER L’AMOR DI UN DIO

di Marie Phillips


con

Titino Carrara e Giorgia Antonelli

regia

Titino Carrara



Nel ventesimo secolo, la vita, per gli dei dell’Olimpo, non è facile.

Nessuno crede più in loro, vivono stipati in uno sgangherato condominio di North London, dove manca spesso l’acqua calda.

Di Zeus ed Era, confinati al terzo piano, non si sa più nulla da decenni. Ares, il dio della guerra, è l’unico a cui il lavoro non manca mai, mentre Artemide fa la dog-sitter, la splendida Afrodite lavora per una chat-line erotica, Dioniso ha aperto un night club ed Apollo cerca la fama in televisione…A spezzare la monotonia di queste grigie e immortali esistenze, entra in scena Alice, una ragazza dolce e onesta quanto ingenua, che bussa alla loro porta per offrirsi come donna delle pulizie, di cui la casa ha più che mai bisogno.

Complice una freccia di Eros, Apollo si innamora perdutamente di lei, che però è già fidanzata, o quasi, con Neil, un ingegnere timido e un po’ imbranato. Ma il dio del sole non si rassegna ad essere rifiutato da una mortale e la sua reazione scatena la tragedia.

Il registro del racconto da comico diviene drammatico.

L’intramontabile mito di Orfeo ed Euridice si espande dalla contemporaneità alla profondità della restituzione classica. L’Orfeo dell’oggi porta con sé l’Orfeo di Virgilio, Ovidio, Dante, ma anche quello di Pavese, Cocteau, Tennesee Williams.

La mitologia si fonde al contemporaneo per dare vita ad una tessitura composita, comica, drammatica, condita a tratti da

un pizzico di irriverenza, ma sincera e travolgente.

Un racconto di grande umanità, dove gli dei si propongono carichi di vizi e difetti, e la semplicità dei novelli Orfeo ed Euridice conquista ed appassiona gli spettatori.

Un viaggio che racconta l’eterno ed attuale incontro-scontro tra uomini e dei, portatori dei medesimi, e sempre attuali, sentimenti.

Nella cornice sfrontata e divertente di un Olimpo contemporaneo, il mito si ritaglia uno spazio di prepotente forza evocativa. Le grandi suggestioni letterarie non rinnegano la leggerezza ironica del prologo, ma ne espandono l’immediatezza empatica, portando a galla la profondità dei contenuti.


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