CARO DIO MI CHIAMO OSCAR

da “oscar e la dama in rosa” di Eric-Emmanuel Schmitt


con

Annalisa Carrara e Giorgia Antonelli

regia

Titino Carrara



Testa d’uovo ha dieci anni e il soprannome gliel’hanno dato per via del cranio completamente pelato a causa delle cure per il cancro a cui si sottopone.

La sua vita trascorre in ospedale, in un reparto riservato ai bambini con malattie gravi, i suoi unici amici: Andrea, nome in codice Pancetta Fritta, ustionato dalla testa ai piedi; Ugo, nome in codice Einstein, testa grossa ma piena d’acqua; Bobo, nome in codice Popcorn, diametro un metro e venti per 98 kg, e poi c’è il Dottor Dusseldorf, nome in codice Dottor Cocker, per via delle sopracciglia.

Oskar sa che cure e trapianti non hanno avuto buon esito, sa che presto morirà, eppure quello che a prima vista sembrerebbe un quadro funesto si rivela una meravigliosa e movimentata avventura per merito di Nonna Rosa, una “dama rosa”, come vengono chiamate le volontarie che prestano assistenza ai degenti, per via, appunto, del camice rosa che indossano.

Nonna Rosa trasforma gli ultimi dodici giorni di vita del bambino in un’epopea rutilante di avvenimenti, gli fa vivere l’esistenza che non vivrà, lo mette in grado di vedere esauditi desideri

che non avrebbe avuto il tempo di desiderare.

Una piccola storia composta da dodici lettere, una per giorno, per dodici giorni in cui si concentra la vita di Oscar.

Giorni scapestrati e poetici, pieni di personaggi coraggiosi, bizzarri e commoventi che ci raccontano della forza che si dovrebbe avere sempre.

Una piccola lezione di coraggio: chi meglio dei bambini sa spiegare con ingenuità e innocenza le cose reali, quelle brutte da cui troppo spesso gli adulti vogliono scappare?


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